la vita di don Vincenzo

Sono Vincenzo Miotto, nato a Piovega il 14 novembre 1927, da Ermenegildo Miotto, agricoltore, e da Valente Argia, maestra, ultimo di cuatro fratelli. Sono stato battezzato il 18.11.27. L’11.06.1933 sono stato ammesso alla Prima Comunione e sono entrato a formar parte del gruppo di chierichetti (5), di cui tre siamo diventati sacerdoti: D. Giovanni Miotto, poi cerimoniere vescovile, Oreste Benvegnú, poi Fra Cassiano dei frati del Santo.

Tra i ricordi della mia infanzia, vengono alla mente le storie bibbliche che mia nonna ci raccontava nella stalla nelle lunghe serate d’inverno, unico luogo caldo della casa, a parte la cucina. Ricordo anche di essere stato ammalato per alcuni mesi ed in quel tempo, dato che giá sapevo leggere, le letture preferite erano le riviste dei gesuiti sulle missioni in Cina-Giappone, da dove é nata la mia vocazione missionaria. Il mese di maggio era speciale: i fiori alla grotta di Lourdes nel giardino davanti la casa paterna e il pellegrinaggio parrocchiale alla Madonna delle Grazie alle 5 della mattina, cantando e recitando il rosario. Poi nel gennaio del 37 la morte della nonna e l’anno dopo il passaggio della famiglia a Campagnola. Ricordo ancora i messalini diocesani che avevano i testi liturgici tradotti in italiano e che mi servivano anche per la “messa” che celebravo sui gradini della scala che portava al piano superiore della casa, e i raduni dell’Azione Cattolica per portare a casa il gagliardetto e quando non riuscivamo era una grande disillusione.

Dopo la terza elementare, ho continuato la quarta e la quinta a Piove con la maestra Andrighetti e con nuovi compagni, tra cui ricordo Bello Ciro e Antonio Zorzi, e le inevitabili fermate da Gallo e da Simonato per salutare zia Anita (Romano, il marito, era stato mio padrino di cresima). Dopo un anno di magistrali a Padova con la relativa bocciatura, ho frequentato la scuola privata a Piove, tenuta da un Capellano e gli esami di convalida nel Seminario di Padova.

Il 4 agosto 1940 verso le 11 antimeridiane, D. Emilio Oreggio, parroco di Campagnola, mi manda a chiamare perché c’é un sacerdote che vuole parlare con me. Inforco la bicicletta e corro verso la canonica. Vicino alla siepe incontro un sacerdote che mi propone di entrare tra i paolini. Tre domande: se il seminario é lontano, se i paolini hanno missioni e se i costi sono accessibili per i miei genitori. La risposta alle tre domande é affermativa, e anche la mia. Andando poi a salutare a Piovega zia Giovanna Dante, ho incontrato un figlio di Giovanna, mio coetaneo, Silvio Dante. Gli ho chiesto se voleva venire anche lui ad Alba dai Paolini. E cosí siamo partiti per Alba dove siamo arrivati il 20 agosto alle 22.30. Sul piazzale ci aspettava il beato Timoteo Giaccardo. Fr. Silvio sará poi missionario per oltre 20 anni in Congo.

É seguito il periodo non facile di adattamento che ha visto piú di qualche lacrima tra le lenzuola: gli anni del ginnasio, il noviziato, la professione religiosa, la filosofia e, nel settembre del 48 la teologia in Roma. L’ordinazione sacerdotale é arrivata il 24 gennaio 1954 con 15 compagni tra cui D. Leonardo Zega, che sará per anni direttore di Famiglia Cristiana dopo un’esperienza missionaria nelle Filippine , e D. Gabriele Amorth, famoso esorcista. Da tre giorni avevo il passaporto per il Brasile, dato che la Cina aveva chiuso le frontiere per i missionari dal 52. In quegli anni ho imparato alcune linee fondamentali che il Fondatore ci inculcava, tra cui:

–  Dobbiamo dare alle anime quello che serve a loro: la Bibbia, il Vangelo, il catechismo, il          messalino;

–  Darlo con i mezzi che il progresso umano fornisce;

–  La nostra parrocchia é il mondo;

–  Parlare di tutto cristianamente;

–  Portare il Vangelo a tutti con lo spirito di san Paolo; ecc.

Sono partito per il Brasile da Genova il 4 aprile 1954 con la nave Cabo de Buena Esperanza, che faceva l’ultimo viaggio verso il sud. Sbarcato a Santos il 22 arrivavo a mettere i piedi su terra ferma dopo 18 giorni di cielo e acqua. La sera stessa arrivavo a Sao Paulo, sede della comunitá. Gli anni del Brasile coincisero con la muerte di Pio XII: il pontificato di Giovanni XXIII; l’elezione di Paolo VI, grande ammiratore del fondatore il beato Giacomo Alberione; il concilio Vaticano II; l’inizio della riforma liturgica e specialmente, con la benedizione del Signore e di San Paolo, la crescita della comunitá paolina in terra brasiliana. In Brasile sono rimasto fino al 16 novembre 1966, quando il fondatore mi ha mandato alla comunitá di Remscheid in Germania, dove sono arrivato il 20 gennaio 1967.

Dopo aver imparato il tedesco, mi sono dedicato, per ordine dei superiori, alla Missione Italiana, aiutando i nostri connazionali a inserirsi nel mondo del lavoro ed assumendo, cosa difficile, la mentalitá tedesca. In Brasile avevo assunto la cittadinanza brasiliana e in Germania ho dovuto ritornare alla cittadinanza italiana. Il Signore ha benedetto la Missione Italiana, andando incontro alle necessitá basiche degli immigrati – assistenza sociale, centri italiani, servizio di interprete, visite agli ammalati, ai carcerati, alle scuole elementari per l’ora di religione, alle famiglie, il servizio religioso, cosí che la Missione Italiana era diventata un referente importante sia per i sei/settemila italiani che per i tedeschi. Dicevo che il mio ufficio parrocchiale era la macchina, correndo sempre per i tre vicariati: Remscheid, Wermelskirchen, Wipperfûhrt.

Nell’ottobre del 71 il trasferimento a Bogotá, Colombia, con l’inserimento in pieno nella missione paolina: l’evangelizzazione con la comunicazione. Arrivato il 27 ottobre dopo aver ricevuto la benedizione del fondatore, giá gravemente ammalato (é morto un mese dopo), ho incontrato una comunitá desiderosa di vivere la fraternitá, di sviluppare l’attivitá apostolica e il seminario. Anche qui il Signore ha fatto sentire la sua mano. Grazie a un Volkswagen-Maggiolino che la parrocchia di Remscheid-Lennep, dove viveva la nostra comunitá, ci aveva regalato, ho potuto percorrere le strade di Colombia per la pastorale vocazionale (oltre 500.000 kilometri). Posso dire che ho toccato con mano la protezione della Madonna in tutti i viaggi che ho fatto, ed ho visto l’intercessione del beato Alberione specialmente nello sviluppo della Provincia Colombia-Ecuador-Panamá, con una presenza apostolica a servizio della Chiesa nelle nazioni di Centroamerica, Repubblica Domenicana e Portorico. Difficoltá ed errori non sono mancati, ma il Signore ha saputo trarre dagli sbagli l’opportunitá per andare avanti con la collaborazione dei fratelli e di tanti cooperatori laici.

Dall’86 al 90 sono stato nella comunitá di Venezuela, dove ho avuto un grave incidente d’auto, pero anche lí il Signore ha fatto sentire la sua mano provvidenziale. Nel 90 sono tornato in Colombia, continuando a mettere le mie forze, fino a quando il Signore vorrá, a servizio della missione paolina: evangelizzare con la comunicazione, e il desiderio che affido ogni giorno al Signore: che la Bibbia sia presente in ogni famiglia, affinché la Parola sia “lampada per i miei passi, luce nel mio cammino” (Salmo 119, 105).

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